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LETTERA PASTORALE DE' VESCOVI

DELLA PROVINCIA ECCLESIASTICA DI TORINO

INSIEME CONGREGATI

AL VENERABILE CLERO E AL DILETTISSIMO POPOLO
DELLE LORO DIOCESI

Salute e benedizione nel nostro Signor G. C.

Ambasciatori Noi e Ministri del Principe de' Pastori Cristo Signor Nostro, Padri e condottieri spirituali di oltre un milione e mezzo di fedeli, e solleciti della salute eterna delle anime loro, abbiamo divisato di unirci con fraterno accordo in un Congresso Episcopale, che rappresentasse tutta la Provincia Ecclesiastica di Torino per trattare insieme sugli interessi spirituali delle rispettive nostre Diocesi, e promuovere ognora più l'incremento della Cattolica nostra Religione. A tale oggetto ci siamo congregati nel Nome del Signore presso l'Anziano fra i Vescovi suffraganei di questa Ecclesiastica Provincia, l'Arcivescovo Vescovo di Saluzzo; dolenti Noi tutti per l'assenza del nostro Metropolitano, ma lieti di averlo presente a Noi collo spirito; ed oggi prima di separarci per ritornare ciascuno a quella Diocesi, cui lo Spirito Santo Ci assegnò per reggere e governare, sentiamo il bisogno di aprire il cuor nostro a Voi tutti, o Venerabili Fratelli, e Figli in Cristo carissimi, per darvi insieme uniti un publico pegno dello zelo, che ci anima pel vostro bene, e della paterna affezione, che a Voi costantemente ci lega. Di mezzo alle grandi vicende politiche, che agitarono ormai quasi tutta Europa, e fra il turbine dei memorandi casi, e delle strepitose catastrofi, che scossero la nostra Italia, e specialmente la Metropoli del mondo cattolico, forse la vostra fede e coscienza sarà stata posta talvolta fra le angustie, ed il timore; ed osservando la guerra accanita, che si dichiarò alla Religione nostra Santissima, a' suoi Ministri, ed anche all' Augusto suo Capo, avrete nell'amarezza del cuor vostro sollevato pur Voi, come

T. X.

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Noi facemmo, voti e sospiri all' Autore e Consummatore della nostra Fede, perchè nei tesori di sue misericordie si degnasse, come già ai tempi di Pietro, comandare al vento ed al mar burrascoso, e ridonare finalmente la calma alla perseguitata sua Chiesa. Ora poi, mentre speriamo che il comun voto venga esaudito, e che spunti presto per la Chiesa un più felice avvenire, Noi desideriamo rinfrancare la vostra fede e le nostre speranze. Vi preghiamo pertanto, o V. F. e F. D. in G. C., di accogliere con cristiano amore alcune parole di esortazione e conforto, che con unanimità di affettuosi sentimenti v'indirizziamo, invitandovi a fare insieme con Noi qualche riflesso sopra le vicende ed il governo spirituale della Romana Chiesa Cattolica, per consolarci a vicenda, come scrivea S. Paolo ai Romani, parlandovi di quella Fede santissima, che è la nostra insieme e la vostra, cioè la Fede Cattolica. (1)

La Chiesa militante di Gesù Cristo, cioè la società de' veri credenti, alla quale Voi per divina grazia appartenete, o Dilettissimi, ha una vita tutta sua propria, ripiena di misteri, e modellata sulla vita medesima di Gesù Cristo, che n'è l'antore, il maestro, il fine, e che se l'acquistò a prezzo del sangue suo preziosissimo. Ora di tutta la vita del Salvatore un mistero de' più profondi si è, che non gli mancò mai il calice di amarezza e di patimenti; e così fu e sarà della sua Chiesa, finchè accoltasi Essa in seno l'ultimo eletto, vada a trionfare per sempre in cielo. Ma per legge sovranaturale di provvidenza è pur sempre congiunta a' suoi combattimenti quasi compagna inseparabile la palma della vittoria, come lo prova la storia di tutti i secoli. Infatti la storia di Gesù, e della sua Chiesa comincia con quella del mondo, perchè Gesù è l' Agnello per noi ucciso fino dal principio de' secoli, dice S. Giovanni; (2) e negli eventi tutti, che precedettero la com

(1) Ad Roman. 1. v. 12—Idest simul consolari in vobis, per eam quae invicem est, fidem vestram atque meam.

(2) Apocal. xIII. v. 8.-Et adoraverunt eam omnes, qui inhabitant terram: quorum non sunt scripta nomina in libro vitae Agni, qui occisus est ab origine mundi.

parsa di Cristo fra noi, Egli stesso segnò le epoche delle future vicende e vittorie della sua Sposa immortale, la Chiesa Cattolica, come cel mostra S. Paolo nelle sue epistole; cosicchè nello stesso perpetuo avvicendarsi di contrasti e trionfi, con cui giunse fino a noi, voi riconoscete, o Dilettissimi, la divinità e perpetuità della Religione nostra Santissima, e della Chiesa Cattolica, che ne è la custode divinamente stabilita.

Uscita Essa dal seno di Dio insieme coll' uomo, e subito dopo la colpa originale assicurata della futura redenzione, sembrò che nel corso dei quattro mila anni di aspettazione del promesso Messia dovesse Ella tratto tratto perire; ora con Abele presso l'Eden, ora con Noè fra il diluvio, ora con Isacco sul Moria, ora con Mosè sul Nilo; e quando con David perseguitato, o coi Profeti in potere dei nemici, o col popolo eletto nella schiavitù, o coi Maccabei fra le stragi, o col Precursore del Messia nella prigione di Erode; ma invece, mentre vide alzarsi e cadere i diversi regni della terra, Essa vittoriosa di tutto percorse la carriera di quaranta secoli prečeduta dai Patriarchi, dalla Legge, dai Profeti, e illustrata da vaticinj, da simboli, da sacrifizj, da continui prodigj, la verga, il roveto, l'arca, la manna, il serpente di bronzo, la colonna di luce; finchè giunta la pienezza de' tempi già stabilita negli eterni consigli, comparve finalmente il desiderato da' secoli, il sospirato dalle nazioni, la pietra angolare dell'antica e della nuova Chiesa, l'Agnello che toglie i peccati del mondo, pacificando col suo sangue il cielo colla terra, il Redentore divino nostro Signor Gesù Cristo. Al comparire del Messia spariscono le ombre, cessano i simboli, la sinagoga ammutolisce; poichè il lume rivelato crescendo sempre dagli albori patriarcali fino a Cristo, e sfolgorando in Esso, come nel suo pien meriggio, inondò della sua luce l'universo; e così compiti tutti gli oracoli, intrecciate le due alleanze, e perfezionata la legge, si stabilì in perpetuo la nostra Chiesa. Rigenerata essa sul Golgota colla morte dell' Uomo-Dio, che la fondò; irradiata dai lumi del Paraclito, che la santificò, e del continuo la regge; ammaestrata dal Vangelo e dalle Tradizioni

Apostoliche, di cui è custode ed interprete; rafforzata col sangue di Pietro e Paolo, e degli altri Apostoli che la predicarono; dilatata col sacrifizio di milioni di martiri, che la sostennero; illustrata infine dai Santi, dai Concilj, dai Padri e Dottori, che la difesero e ornarono; questa nostra Chiesa crebbe, si rinvigorì e trionfò sempre più, di mezzo alle più fiere persecuzioni. Ecco, o Dilettissimi, qual è quella Madre e Maestra, di cui per gratuito dono del cielo siete figli e discepoli!

Sorprende, è vero, che dopo quaranta secoli di prodigj, e diciotto e mezzo di continue vittorie abbia Essa ancora nemici, i quali dovriano pur leggere la propria sorte in quella degli infedeli, dei tiranni, degli eretici, degl' increduli e dei libertini, che li precedettero sul campo della ribellione, e della sconfitta. Ma non temete per questo! Dio stesso permette così per gloria maggiore della sua Chiesa, alla quale il S. Vescovo e Dottore Agostino pone in bocca queste parole del Real Profeta: «Fino dall' infanzia fui combattuta; i peccatori han fabbricato sopra il mio dorso; ma fui vinta perciò? Guardate la mia canizie, considerate la mia antichità. Nacqui ai trionfi, e perciò nacqui ai contrasti. (3) »

Si rinfranchi dunque il nostro spirito, o V. F. e F. D., a fronte delle continue persecuzioni, di cui è fatta bersaglio la Religione nostra Cattolica. Niente in apparenza più fragile della navicella di Pietro, perchè più o meno sempre in burrasca; niente in realtà più forte, perchè non potrà mai naufragare. Potrebbe cangiare le sorti il suo Fondatore divino; ma prediceva Egli stesso, che nol farebbe, perchè risplenda più chiaro il suo trionfo. Perciò il santo Vescovo e Dottore Ilario, quel gran lume della Francia, ravvisa fra gli altri nella Cattolica Romana Chiesa tre luminosi caratteri, che la dimostrano veramente opera di Dio; cioè che Ella allora più trionfa quando è perseguitata dai tiranni, più mostra il saper suo quando è combattuta dagli eretici, più ottiene venerazione quando si

(3) In Psal. cxxvIII. 1. 2. 3. 4.

vede tradita persino dagli stessi indegni suoi figli. (4) Quindi è che i Pontefici Sommi, ed i Vescovi successori degli Apostoli dovettero sempre difendere la nuova Gerusalemme, come si difendeva l'antica, mentre veniva riedificata ai tempi di Neemia, quando cioè i lavoratori di essa conveniva che tenessero un occhio all'opera e un altro ai nemici, con una mano adoperassero il martello, coll' altra l'arco e la lancia, e se ponevano una pietra come fabbri, la difendessero ad un tempo come soldati. (5) E infatti la storia della Religione nostra santissima, da S. Pietro fino a Pro IX, gloriosamente regnante, non è che la storia delle guerre o d'armi, o di errori, o di libertinaggio contro la Chiesa; ma la storia insieme delle sue vittorie, che la mostrano sempre invitta e sempre invincibile.

Rivolgendo ora Noi il pensiero sopra quelle porzioni del grande Ovile di Cristo, che il Capo visibile di tutta la Chiesa si degnò affidare alla pastorale nostra cura e vigilanza, abbiamo tutti il conforto di riconoscere che, malgrado la nequizia de' tempi, questa Provincia Ecclesiastica, la quale nacque Cattolica col primo introdursi del Cristianesimo in Italia, quando i discepoli di Pietro vi recarono la Fede, conserva ancora le caste originali sembianze della sua avita pietà; e che Voi, o carissimi, non foste degeneri dalla fede de' vostri maggiori, ma docili alle esortazioni nostre ed a quelle de' nostri collaboratori che abbiamo posto al vostro governo, ci porgeste il consolante spettacolo de' primi Cristiani, coi quali si congratulava l'Apostolo delle genti nelle sue affettuose Epistole, vedendoli costanti nella fede e nelle pratiche di pietà a fronte degli scandali, e delle persecuzioni. Tuttavia anche fra la società dei buoni non mancarono i tristi, che alla luce delle

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(4) S. Hilarius. Hoc Ecclesiae proprium est, ut tunc vincat, cum laeditur, ut tunc intelligat, cum arguitur, ut tunc obtineat, cum dese

ritur.

(5) Esdr. II. c. IV. v. 17. 18.—Una manu sua faciebat opus, et altera tenebat gladium: aedificantium enim unusquisque gladio erat accinctus

renes.

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