Giulio Cesare: tragedia

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Cui tipi di Luigi di Giacoma Pirola, 1847 - 225 oldal

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55. oldal - E per te pure, O Bruto, non è ben. Dal letto or ora Scortese a me fuggisti; e jeri a cena, Dalla mensa improvviso in piè balzavi A passeggiar, serrate al sen le braccia, In gran pensiero, sospiroso; e quando Ten chiesi la cagione, in me fissasti Torbidi gli occhi; rinnovai l'inchiesta, E tu, coll'ugne tormentando il capo, Impaziente calpestavi il suolo. Pure insistei ; non rispondesti, e cenno Col fiero moto della man mi festi Che lasciar ti dovessi. E ti lasciai, Temendo rinfocar l'impazienza...
18. oldal - È creatura vil, che ad ogni lieve Moto di lui debbe chinar le terga. — Nelle Spagne una febbre gli sorvenne; E, del mal nell'accesso, io lo vidi, io, Tutto tremar ... sì, questo Dio tremava ! Senza color le sue labbra codarde; E l'occhio, ch'or d'un cenno agita il mondo. D'ogni luce era muto; io lo sentii Gemere; e quella lingua che a' Romani Di notar comandava ogni suo moto, E ne' libri vergar le sue parole: Aimì!
17. oldal - ... verno i geli, Com'esso. Mi sovvien che, in un ventoso Giorno crudel che il Tebro gonfio e torbo Flagellava le rive, a me dicea Cesare : II cor ti basta di gittarti, Cassio, con me nello sdegnato flutto, E di nuotar fin là? — Detto non ebbe, Ch'io, qual era vestito, mi precipito Nell' onda, e accenno a lui di seguitarmi.
171. oldal - ... uom che al duce mio Rese il servigio estremo. ANTONIO Egli il più grande Fu di tutti i romani! E ciò che spinse Tutti, fuor di lui solo, i congiurati A far ciò ch'essi han fatto, era gelosa Del gran Cesare invidia. Ei sol, per giusto Pensier verace e per lo ben di tutti, Si fé del numer uno.
196. oldal - ... stessa. Perché pigliando un picciolo coltello, col quale i barbieri sogliono tagliar l'unghie, e cacciando di camera tutte le sue cameriere, si fece una gran ferita in una coscia, onde n'uscì di molto sangue: e di là a poco quella ferita le mise addosso un grave dolore, et una terribil febre.
22. oldal - ... intorno Volti ritondi e lisci, uomini lieti, Che dormano i lor sonni : emunto e macro Viso ha quel Cassio; ei pensa troppo; e sono Perigliosi costoro. ANTONIO Oh non temerlo, Cesare! danno ei non può far; gli è questi Nobil romano, e l'animo ha gentile. CESARE Vorrei fosse più in carne. Ma no'l temo; Solo non taccio che, se mai timore Potesse accompagnarsi al nome mio, Uom non conosco che schifar bramassi . Più di quel Cassio macilento. Ei troppo Legge ed osserva troppo; all'opre umane Quell'occhio...
55. oldal - Torbidi gli occhi; rinnovai l'inchiesta, E tu, coll'ugne tormentando il capo, Impaziente calpestavi il suolo. Pure insistei; non rispondesti, e cenno Col fiero moto della man mi festi Che lasciar ti dovessi — E ti lasciai, Temendo rinfocar l'impazienza, La cui fiamma pareva in te soverchia, Ma confidando ancor fosse un effetto Del tetro umor, di che quaggiù ciascuno Ha l'ora sua. Pur, ciò ti tolse, il veggo, L'amor del cibo e le parole e il sonno; E se avesse a solcar le tue sembianze Qual già...
197. oldal - ... i tuoi pensieri degni di fede? Io so, che la natura delle donne è fragile a ritenere i segreti, ma io, o Bruto mio, ho in me una certa forza e di buona creanza, e d'ottima consuetudine oltra lo ingegno naturale; e mi conosco essere figliuola di Catone, e moglie di Bruto. Nelle quai cose fidandomi io prima poco, hora ho conosciuto per pruova, ch'io non mi lascierei vincere dal dolore».
80. oldal - ... sapreste , ov' io mi fossi Simile a voi : se per destar pietade . Pregar potessi, dal pregar commosso ' Forse n' andrei ; ma fermo io son , siccome L' artica stella che nel suo costante E non mutabil centro altra compagna In ciel non ha.

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