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te fa stupore in un uomo dotto. Quali espressioni dunque si potranno trovare per esprimere una nullità di pien diritto; se non vagliano queste NULLIUS MOMENTI? Saremo dunque ridotti in grazia del sig. canonico Litta allo stato infelicissimo dei fabbricatori della Torre di Babele, di non intendersi più l'uno con l'altro nell'usato e comune linguaggio? Il sig. canonico Sicardi citando e traducendo quel passo del Concilio (Prefaz. pag. 7.) usa l'espressioni di niun valore Ed altrove dice che il Concilio defini essere DI NIUN MOMENTO, che è quanto dire NULLA ed INVALIDA quell' assoluzione. (Pag. 63. ).

381. Pare dunque che coi sigg. Guadagnini, e Sicardi, debba esser finita la quistione. Quando si dice e si confessa, che un'assoluzione è nulla di pien diritto, che è di niun valore, di niun momento, nulla ed invalida, pare che siansi esauriti tutti i vocaboli per dichiarare che quell' assoluzione non fa verun buon effetto: ma noi siamo pure da poco, e ci arrestiamo troppo presto a mezzo cammino. Cotesti giganti avvanzano strada a gran passi, e non ostante la sì chiara definizione del Concilio, pretendono di mostrare che questa non si oppone punto alla loro opi

nione.

382. Distinguono essi la giurisdizione in divina, ed ecclesiastica. Sentiamo le parole precise del sig Sicardi. "" In somma si potevano, e si dovevano bensì distinguere due giurisdizioni,una divina, che consiste nella potestà giudiziaria conferita da Dio nella sola 22 ordinazione, e per mezzo di essa, ad ogni sacerdo

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,, te, e l'altra ecclesiastica accordata dalla Chiesa anche ,, fuori dell'ordinazione per regolare l'uso della giurisdizione divina: ma non si doveva distinguere, nè ,, separare la potestà di giurisdizione dalla potestà dell'ordine, da cui è di sua natura inseparabile, consistendo ambedue nel carattere sacerdotale che non si può nè dividere nè diminuire nè perdere.,, (§.39) Pretende il sig. canonico che questa giurisdizione divina consistente nel carattere sacerdotale sia stata il sentimento di tutta l'antichità. Si è ben distinto (di,, ce egli) anticamente tra potestà di ordine,

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», giurisdizione, ma sotto nome di potestà di giurisdizione distinta da quella dell'ordine altro non ,, veniva che la giurisdizione ecclesiastica già spie», gata di sopra: siccome per potestà di ordine intendevasi senza contradizione alcuna la potestà giudiziaria da esercitarsi nel tribunale della penitenza,,. (§.40). Anche il sig. arciprete Guadagnini adotta la medesima distinzione nel medesimo senso, e se ne ser ve al medesimo intento. Abbiam veduto di sopra che questa distinzione, serve ancora per attribuir ai Vescovi una giurisdizione generale sopra ciascuna, e sopra tutte le diocesi; tanto essa è gravida di errori.

383. Il raziocinio degli avversari è questo; per assolvere va lidamente dai peccati è necessaria la giurisdizione: ciò ha definito il Concilio di Trento quando decise che un sacerdote assolvendo senza giurisdizione fa una nullità di pieno diritto, una cosa di niun valore, absolutionem nullius momenti. Ma cosi è che ogni sacerdote riceve immediatamente da Dio una giu

risdizione, una potestà giudiziaria conferita dal medesimo Dio nella sola ordinazione, e per mezzo di essa la giurisdizione inseparabile di sua natura dal carattere sacerdotale: dunque ogni sacerdote assolve dai peccati validamente in virtù del solo ordine sacerdotale senza verun altra facoltà ed approvazione, avendo una giurisdizione divina inseparabile dall'ordine. Si concede bensì che tal sacerdote peccherà (eccettuati i casi, che tutti i teologi concedono doversi eccettuare) poichè trasgredisce un precetto della Chiesa necessario per la subbordinazione e pel buon ordine.

384. Invano si risponderebbe che la potestà dell'ordine non è una potestà giudiziaria; che l'ordine è separabile affatto dalla giurisdizione. Vi replicano subito distinguendo la giurisdizione divina dall' ecclesiastica, che questa seconda veramente é separabile dalla potestà dell' ordine, ma non già la prima: che la seconda rende soltanto lecito l'atto di dare l'assoluzione; la prima poi lo rende valido. Il sig. Sicardi non solamente pretende che la sua giurisdizione divina si trovi nel sentimento di tutta l'antichità, ma di più che espressamente sia insegnata e asserita nella dottrina del Concilio di Trento. A questa proposizione del sig. Sicardi, la quale so aver fatto grand' impressione in molti, risponderò di poi.

Intanto rispondiamo al raziocino degli avversari. Affermo che questo raziocinio fa parlare il Concilio di Trento scioccamente e assurdamente e per conseguenza è un raziocinio falso, del quale fa stupore che siansi serviti gli avversari, e non ne abbiano, a

primo colpo d'occhio, veduta la sciocchezza, e l'assurdità. Lo dimostro.

385. Ogni sacerdote secondo gli avversari, in vigore della sua ordinazione ha la potestà giudiziaria inseparabile dal carattere sacerdotale, ha quella giurisdi zione che essi chiamano divina: il Concilio di Trento non parla, e non può parlare di questa giurisdi→ zione divina, e lo provo. Il Concilio di Trento parla di un sacerdote il quale non abbia la giurisdizione ordinaria, o delegata: se in tal giurisdizione intendesse la giurisdizione divina, parlerebbe di un sacerdote che non è sacerdote, che non ha il carattere sacerdotale, giacchè per gli avversari esser sacerdote, aver il carattere sacerdotale, ed aver la giurisdizione divina è tutto lo stesso. Dunque il Concilio di Trento parlerebbc scioccamente e assurdamente, e procederebbe sopra un supposto falso e impossibile. Certamente lo Spirito Santo per l'organo della Chiesa non parlò in modo che qualche scolastico potesse con giustezza e con verità rispondere nego suppositum.

386. Egli è dunque evidente che il Concilio di Trento parla unicamente della giurisdizione ecclesiastica e definisce che senza di questa un sacerdote assolvendo fa una nullità di pien diritto, una cosa di niun valore e dà un assoluzione nulla, invalida, nullius momenti. Quindi la dottrina de' nostri avversari è opposta formalmente e direttamente al sentimento universale della Chiesa, confermato e deciso nel Concilio di Trento, e per conseguenza è un errore che da un cattolico non può sostenersi. È dunque evidente ed innegabile che l' Episcopato ha la potestà suļ

serimento feila penitenza, e che senza la sua licenza, ne sue riserve può renderlo invalido e nullo. pon posso trattenermi dal replicare per la ter

riarta volta la necessità di ben distinguere, e separare la potestà dell'ordine dalla potestà di giuresulzione e nei Vescovi, e nei semplici preti.

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387. Obbietta il sig. Sicardi (§. III.) un passo del Concilio di Trento, nel quale si dice, che Gesù Cristo ha lasciato i sacerdoti a fare le sue veci quì a terra come presidenti, e giudici, i quali in vigore della potestà delle chiavi pronunzino senten

remissione, o di ritenzione sopra i peccati che lor si confessano,, ( Sess. XIV. Cap. V.) Dominus noster Jesus Christus e terris ascensurus a coelos sacerdotes sui ipsius vicarios reliquit tanquam praesides, et judices, ad quos omnia morquila crimina referuntur, in quae christi fideles ceciderunt, quo pro potestate clavium remissionis, aut retentionis peccatorum sententiam proMartient. Poco dopo torna a dire il Concilio che » l'as

...

soluzione del sacerdote è un atto giudiziale, col quale da lui come da giudice si pronunzia la sen» tenza, e veramente si assolve ». (Ibid. Cap. VI.) solutio sacerdotalis est ad instar actus judicialis, quo ab ipso velut a judice sententia proMuntiatur. E altrove dice il Concilio che i Sacerdoti hanno le chiavi per sciogliere e legare; hanno potestà di rimettere e di ritenere i peccati >> e questa po> testà soggiunge il sig. Sicardi (§. VI.) la ricevono i sacerdoti immediatamente da Dio nella sacra ordinazione, e non mai fuori, nè dopo di essa docet

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