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Eminentissimo Principe,

Non dirò per essere V. Em. ricco di quelle singolari virtù, che tutti sanno, o fornito di quella svariatissima dottrina e forte eloquenza, che sanno moltissimi, o per essere un miracolo di operosità, che tutti ammirano; ma per la generosa benevolenza, che sempre mi concesse, e perchè in nome del Supremo Gerarca è a capo dell' Istituto Leoniano, dor'io insegno, oso fregiare del nome di V. Em. Revma questo volume. E ben poca cosa rispetto alla devozione mia e al grato animo, che Le professo; ma Dante anche in ciò m' incoraggia e mi consola, là dove dice che alla buona volontà si dee avere rispetto nelli meriti umani. Forse, in tanto dibattersi di opinioni differenti su cose dantesche (che più che schiarire molte volte servono ad abbuiare, e anzichè accostare ed unire paiono fatte apposta per alienare dalla mente dell' Autore), non dispiacerà a V. Em. di vedere com' io, lasciando da un lato certe facili erudizioni, m'ingegni con ogni studio di risalire drittamente a Dante, chiedendo a lui la soluzione dei dubbi, l'appianamento delle difficoltà, argomentandomi di raccogliere dalle Opere sue varie le membra dello sparso pensiero, e con quel metodo ese

getico, del quale Dante stesso ci ha lasciato per effetto norme sicure; di sorte che un' Opera aiuta l'altra, e il concetto dell' Autore ci si presenta luminoso ed intero. Perciò l' Em. V. potrà scorgere come certe questioni, pur vecchie, io le presenti sotto nuovo aspetto; o mi sia accinto ad argomenti di capitale rilevanza, non trattati, ch' io mi sappia, da altri, com'è quello che viene sotto il titolo La Chiesa e l'Impero e loro divina preparazione. Ma se il libro mio valesse anche nulla, io tuttavia sono ben certo che V. Em. vorrà accoglierlo benignamente e per l'innata bontà dell'animo Suo, e per l'amore vivo che porta a Dante e al nostro Istituto.

Coi sensi dell' ossequio più profondo e della più schietta gratitudine mi protesto,

Roma addi 1 Maggio 1892.

Di V. Em. Rma,

devotmo obblmo servitore

G. POLETTO.

PREFAZIONE

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UESTO Volume io avrei desiderato che uscisse ben prima d'ora; se colpa c'è, in parte è imputabile a me, in parte alla Tipografia editrice; ma c'è legittima scusa e per lei e per me. Da parte mia, finita la pubblicazione del Dizionario Dantesco, mi trovai così sazio di quegli argomenti, che mi sarebbe per allora tornato di molto malagevole il voler continuare; mi trovai insomma anch' io nella condizione notata da Dante (Par. III):

sì com'egli avvien, se un cibo sazia,

E d'un altro rimane ancor la gola,

Che quel si chiede, e di quel si ringrazia:

onde mi diedi per alquanto tempo ad altri studi, non altri di genere, ma differenti di specie. Soprachè, nella revisione delle bozze del Dizionario ebbi tanto a patir d'occhi, che per due anni, a dirla con Dante, credetti che la mia vista fosse ormai defunta. Ad ogni modo il manoscritto, quasi per intero, son già due anni che io consegnai alla Tipografia, la quale, occupata in molti lavori, non potè prima d'ora farne la pubblicazione. Questo dico,

anche perché si sappia che di lavori usciti dal principio del '90 in qua, non potei giovarmi; bensì avrei potuto farlo in certe note appiè di pagina, se occupato in cosa più grave, che a sè ritorce tutta la mia cura, avessi avuto altro tempo fuor di quello di dare una semplice occhiata alla stampa, mano mano che procedeva. D'altra parte il citare libri ed autori giova e non giova; almeno non sempre è necessario. Comunque sia, non sarebbe giusto che s'accampasse ignoranza perché in un libro non si cita questo o quello; e soprattutto non avvenga il bel casetto che tra Tizio e Caio, buoni amici e brave persone, se non fosse che certe volte la critica fa scordare e persone ed amici: ebbene; Tizio, traduttore valente d' un'opera di lingua straniera, facendo d' un libro di Cajo una recensione, sospettò Caio non conoscere quell' opera straniera, secondo lui necessarissima a conoscersi; ma Cajo avrebbe potuto non dirò dare sul muso ma mettere sotto il naso di Tizio quell' opera, ch'egli stesso aveva mandato in dono a Cajo côl suo nome e cognome, e con tanto di omaggio del traduttore scritto di sua mano! Le son miserie da non tenerne conto, ma che però mostrano che il non accozzare autori e libri (cosa facile, del resto, e della quale molti sono smaniosi) non è sempre argomento bastevole per concludere che s'ignorino libri ed autori. E poi, ognuno ha le proprie opinioni; e se ad ogni passo si fosse sempre sempre obbligati di recare in campo le opinioni altrui o a rincalzo delle nostre, ovvero per confutarle, ognun vede bene che questo sarebbe un tale imbroglio da non sapersene spedire per tirar oltre; al trar dei conti, opinione per opinione; e chi in ogni cosa, benchè minima, ama il sistema delle confutazioni, si serva a sua talento, e usi il suo diritto. E a proposito di opinioni, so bene che

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