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epoca non

In Jesi ai Frati minori che abitavano l'antico Monastero di San Marco fu nel 1437 concessa dal Magistrato l'antica Chiesa di San Fiorano, che in quel tempo a miglior forma ridussero. Cedette anche questa non so se all'antichità, o al consueto genio degli uomini di apprezzare più le opere loro, di quello che sia degli antichi, e fu nel 1760 ridotta allo stato in cui si trova, e che noi non possiamo lodare, giacchè sorta in un' troppo felice per una savia e ragionevole architettura (14). Ed una uguale circostanza avvenne alle altre Chiese, che parimente i frati minori di Penna San Giovanni fabbricarono nel 1457 col disegno di un Maestro Salino Lombardo (15) dopo che da essi fu abbandonato un' altro Convento, che avevano fuori delle mura di questa Terra, e che fu loro di abitazione fino dal 1280 (16). : La Chiesa attuale non presenta alcun' interesse, e se l'area di questa corrisponde all' antica, può dirsi ch'era anch'essa assai

ristretta.

voro,

Erasi fino dal 1321 compiuto in Ancona l'edificio della nuova Chiesa di San Francesco, ma essendo rimasta a farsi la facciata, profittarono i devoti del Santo dell' arrivo, che fece in quella Città un tal Giorgio da Sebenico. Adoprò questi nel la che gli commisero, ogni cura perchè riuscisse di universale contentamento. Intagliò di bellissimo marmo bianco gli ornamenti della porta maggiore, e li fece con tant' arte, e precisione, che que' fogliami, e quelle immagini si direbbero più fatte colla stecca, di quello che incise collo scalpello. Narra Lando Ferretti (17) che per tal' opera che si compì nel 1455, gli fossero consegnati settanta ducati d'oro di premio.

Ad un ugual lavoro dicono fosse chiamato Giorgio da Frati Eremitani di detta Città, affinchè nella facciata della loro Chiesa particolarmente si dedicasse a fare intagli, che più de' primi meritassero l'ammirazione di coloro, che del difficile, e dello straordinario si occupano a preferenza del vero bello, che consiste in ispecial modo nella semplicità. La morte distolse l'artista da quell'opera, che rimase perciò senza compimento (18).

Se nel regno di Niccolò V. ebbe la nostra provincia la sorte

'ammirare nelle opere di Rossellino, e di altri quanto l'architettura avanzasse in Toscana, non le fu questa meno propizia pel Pontificato di Paolo II., nel qual tempo non saprei da qual causa condotto, si portò in Ascoli un Vittorio Ghiberti, che molti voglioo figlio, ed altri nepote del famoso Lorenzo, (19) il quale l'architettura in special modo dedicato, per molte fabbriche di quella Città somministrò disegni, e più ancora avrebbe fatto se l'assassinio d'un suo famigliare non lo avesse ad immatura morte condotto (20). Non sarebbe fuor di proposito il riflettere che quei di Ascoli avesse potuto far venire volontà di crescere in credito di grandezza per vastità, ed eleganza di edifizj quel tanto accreditato loro concittadino Antonio Buonfini, del quale se non ppiamo che alcun disegno di architettura si facesse, c'è però altrettanto noto, che i precetti di quest' arte ebbe in tanta stima, the per esso si hanno le opere dell' Averulino tradotte, ed alte sue produzioni in questo genere, che onorano sommamente la sua memoria (21).

Era a questo tempo Archiatro di Papa Paolo un Giacomo Solleciti da S. Ginesio, di cui parla con altissima ammirazione 1 nostro Panfilo (22), ed avendo costui molte ricchezze adunate te adoprò buona parte e pel restauro della cappella di Santa Caterina, e per fabbricare un magnifico palazzo nella sua terra

table (23).

Ma più che a tali cose si deve ora il nostro discorso rivola ricordare che nel secolo attuale ebbe luogo la fabbrica tempio di Loreto.

e

Fino dal 1295, secondo narrano alcuni storici, (24) avFene la traslazione della Santa Casa da Nazaret. Nel 1300 duhando i Recanatesi, che essendo quella Casa senza fondamenti non rovinasse, la cinsero da ogni parte con una muraglia, quindi a comodo de pellegrini, e a custodia dei voti edificarono intorno alcune loggie, le quali fecero poi tutte dipingere delle storie del passaggio, e delle partite di essa casa.

Urbano V. nel 1353 fu il primo fra Pontefici, che si condacesse a visitare questo Santuario. Se una tal' avventura giovò

per accrescere col mezzo dell' esempio la devozione fra fedeli, non fu meno favorevole per le arti, le quali cominciarono fino da quell' epoca a ritrovare in questo luogo una delle principali cause di loro avanzamento. Col progredire de' tempi si vide dal Vescovo, che que' primi murati non erano più atti a contenere la moltitudine de forastieri, e delle tavolette votive, onde ottenne un luogo bastante a fondare una Chiesa, la quale però fu unicamente col tetto in su i pilastri di mattoni alla salvatica (25). Ma non essendo neppur questa riuscita, Paolo II. inviò a Loreto Giuliano da Majano, acciò il corpo della prima Chiesa rifondesse, ed ampliasse col suo disegno. Niccolò d'Asti. di Forlì Vescovo di Recanati, che aveva già dato nel suo episcopato a divedere quanto gli stesse a cuore, che la religione ottenesse sempre maggiore incremento nella magnificenza de' luoghi, ove ha principal sede, avendo a proprie spese eretto nel 1450 in Recanati la Chiesa, e Convento de' PP. MM. Osservanti, che compì in tre anni (26), ed essendosi altresi occupato d'edificare di nuovo la Cattedrale di Macerata, ch' ebbe in parte il suo termine nel dì 1 Marzo del 1464 (27), non poteva a meno di non accorrere con compiacenza nelle intenzioni del Papa, che un gran tempio si edificasse in Loreto, dove esisteva uno de' monumenti più preziosi di nostra santa Religione. Fu nel 1468, che si pose la prima pietra del nuovo Tempio. Intanto che l'opera avanzava felicemente, e sembrava, che in breve dovesse giungere al suo termine per le grandi cure di questo Vescovo, fu esso da fierissimo malore sopraggiunto, e quando si vide prossimo al terminare di sua vita, chiamò vicino a se le persone più ragguardevoli e virtuose di Recanti, ed imposto loro per via di giuramento segreto, le avvertì che da alcuni Cardinali, e Prelati di S. Chiesa, non che da altri devoti gli era stato consegnato molto danaro, onde in altro non si convertisse che per le spese della fabbrica di Loreto. Dopo ciò indicato ad uno di essi un forziere, subitochè fu aperto, se ne trassero molte borse chiuse con l'impronta gentilizia del Prelato, che dichiarò contenere la cospicua somma di duecento

la ducati. Fu questo danaro per ordine del medesimo traspornel Monte di Pietà di Recanati, e fu quello che si adoperò pel compimento della Chiesa di Loreto (28). Avvenuta la morte d Niccolò gli succedette coll' incarico d' Amministratore vescovile Francesco Mauroceno, che non appena fu giunto alla Sede, pose ogni cura nel dare effetto ai molti legati che I suo antecessore aveva lasciati, e più d'ogni altro gli fu a core quello della fabbrica che si caldamente anche nel suo testamento Niccolò raccomandava. Dopo poco tempo successe al Mauroceno come Vescovo un Andrea Pili (29), ed a questo enne nell' Episcopato Girolamo, o come altri vogliono, Giorgio Card. della Rovere, e che ridusse a compimento la un Tommaso, fabbrica circa il 1477 operandovi come Maestro

esso

di cui tacesi negli antichi registri la patria (30), e fors' anche Maestro Marino di Marco da Iadera nel Veneto, ed un'Andrea Bacci da Milano (31).

che

Giuliano da Majano condusse in suo ajuto il Nepote Beredetto, il quale, siccome insegnano gli annali Recanatesi, fu specialmente adoprato per la costruzione delle volte della apola (32). Le opere da costoro intraprese rimasero, non * per qual ragione, interrotte, per cui dubitando i Direttori, peso della dhe non fossero i pilastri sufficienti a reggere cupola, che già era stata incominciata e non finita da Giuliano, municarono i loro dubbj a Giuliano da San Gallo, tavasi a Prato invitandolo a condursi sul luogo. Aderì egli lentieri alla richiesta, e postosi in viaggio in unione di varj Hestri muratori, e scalpellini, giunse in Loreto, dove dimostrò tanto facile il rimediare a que' danni, che i Direttori temevano, si determinarono ad allocare ad esso medesimo il lavoro, che proponeva. Ai 29 di Settembre del 1499 cominciò i detto architetto la costruzione della gran cupola, che sovrasta la santa Cappella, e gli furono assegnati in premio di sue fatiche mille scudi d'oro (33). Non corrispose però esso nella prattica alle sue teorie, in quanto si vide, che dopo breve tempo cominciò la cupola ad aprirsi in più parti. Quali fossero

che

presto

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i mezzi, che si adoprarono per tenere lontani dei maggiori pregiudizj, lo rileveremo nel capitolo susseguente.

se nel

Intanto che così operavasi in Loreto, sorgeva in Camerino un'altro Tempio, che se non eguagliava questo nella grandezza, e magnificenza, non gli era inferiore nell' eleganza; e primo erano tanti i devoti che concorrevano alla spesa, alcontrario in questo, che sulle rovine d' una vecchia Chiesa s'innalzava per onorare il Martire San Venanzo, il solo Pier Paolo Sanviolini dedicava gran parte delle sue ricchezze a quest'oggetto. E più ancora vi avrebbe elargito, se non avesse gareggiato la sua pietà con quella dei conjugi Giulio, e Giovanna Varani, ch' essendo Signori di quella Città, vollero anch'essi aggiungere ricche somme, onde la fabbrica riuscisse di maggior decoro Di questa Chiesa, ch'era di competente grandezza, ed ornata di pilastri, i cui capitelli furono con eleganza intagliati, non rimane, che la facciata, mentre pel resto fu anch'essa distrutta nel terremoto che avvenne, come già narrai, nello spegnersi del passato secolo. È la fronte di questo tempio tutta di pietra viva, e marmo bianco con sculture finamente lavorate. L'arco della porta è a tutto sesto, ed è ornato a varj cordoni parte a spira, parte a mosaico, e parte in fine con bei rilievi. Alla corda di detto arco havvi una corona con piccola cornice a dentelli sporgenti, sostenuta all' infuori da bellissime foglie d'acanto, e le colonnette sottoposte alla medesima corrispondono perfettamente alle fasce, e cordoni superiori, posandosi sú d'un semplice basamento. Nell' archetto della porta vi si collocò la statua della Vergine sedente col Bambino in bo, ed ai lati Santi Porfirio, e Venanzo, de' quali il primo

soltanto rimase.

grem

Superiore alla cornice del paralelogrammo della porta sudetta eravi una balaustra, sopra la quale posavano i dodici Apostoli. Di questa però non esistono che frammenti dei mutuli che la sostenevano. Vedesi ancora sottoposta al timpano una gran rosa, che dava luce all'interno della Chiesa, i cui intagli non possono essere più belli; e nei quattro angoli della medesima erano

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