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Ed io a lui: li dolci detti vostri,
Che, quanto durerà l'uso moderno,
Faranno cari ancora i loro inchiostri.

O frate, disse, questi ch' io ti scerno
Col dito additò uno spirto innanzi)
Fu miglior fabbro del parlar materno.
Versi d'amore e prose di romanzi
Soverchiò tutti. E lascia dir gli stolti
Che quel di Lemosì credon ch'avanzi.
A voce più ch' al ver drizzan li volti;
E così ferman sua opinïone

Prima ch' arte o ragion per lor s'ascolti.
Così fer molti antichi di Guittone,
Di grido in grido pur lui dando pregio,
Fin che l'ha vinto 'l ver con più persone.
Or se tu hai sì ampio privilegio

Che licito ti sia l'andare al chiostro
Nel quale è Cristo abate del collegio,

Fágli per me un dir di paternostro,
Quanto bisogna a noi di questo mondo
Ove poter peccar non è più nostro.

Poi, forse per dar luogo altrui, secondo,
Che presso avea, disparve per lo fuoco,

QUESTI. Arnaldo Daniello. Ne parla nella Volg. El., e così di Gerardo. La poesia provenzale era ai nostri familiarissima: gli Albigesi, dispersi dalla persecuzione, la diffusero in Italia; e anche prima n'avevamo notizia. Ruggeri I nel 1180 parlava francese; e nel secolo XIII francese si parlava alle piccole corti della Marca Trivigiana. — MATERNO, Latino chiamavansi e l'italiano e il provenzale linguaggio, gemelli e riguardati qui come un solo.

40. PROSE. Tasso (v. III, p. 167): I romanzi non si scrivevano in versi ma in prosa. Non sempre.

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GUITTONE. Petr. (Tr. d'Am., IV): Guitton d' Arezzo, Che di non esser primo par ch' ira aggia ... Fra tutti il primo Arnaldo Daniello, Gran maestro d'amor, ch'alla sua terra Anco fa onor col dir polito e bello. GRIDO. Conv. (I, 11): Quelli ch'è cieco del lume della discrezione, sempre va nel suo giudicio secondo il grido o diritto o falso.

ABATE. Per capo in genere, ha esempi antichi: ma qui val proprio abate di frati: ed è traslato non nobile. COLLEGIO. V. S. Girol.: Tutto il collegio de'

fedeli.

NOSTRO. Virg.:

PATERNOSTRO. Nel c. XI, abbiam veduto le anime cantare quest' orazione, adattata anco ai purganti, tranne le ultime parole: et ne nos ... Non nostrum inter vos tantas componere lites.

Tomo II.

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Come per l'acqua il pesce andando al fondo.

Io mi feci al mostrato innanzi un poco
E dissi ch' al suo nome il mio desire
Apparecchiava grazioso loco.

Ei cominciò liberamente a dire:
Tan m' abellis vostre cortes deman

Ch' ieu non me puesc nim voil a vos cobrire.
Jeu sui Arnautz che plor e vai cantan,
Consiros vei la passada follor

E vei jauzen lo joi qu' esper denan.

Aras vos prec, per aquella valor

Que us guida al som sens freich e sens calina,
Sovegna vos atenprar ma dolor.

50. Poi s'ascose nel fuoco che gli affina.

ΤΑΝ.

LIBERAMENTB. Cortesemente. Libertà per liberalità è nel Convivio. Tanto m'abbella (piace, Par., XXVI) vostro cortese dimando, ch'ï' non mi posso nè mi voglio a voi coprire. Io sono Arnaldo che ploro e vo cantando: pensoso i' veggo la passata follia; e veggo gaudente la gioia che spero dinanzi (a me). Ora vi prego per quel Valore che vi guida al sommo senza freddo e senza caldo: sovvengavi d'attemprar mio dolore. In un'opera d' Arnaldo è un verso che comincia: I sono Arnaldo che ... Freddo e caldo s'oppone al caldo e al gelo d'Inferno (Inf., III; Purg., III). Seguiamo la lezione data dal sig. Raynouard (Journ. des Sav., Fév., 1830).

AFFINA. C. VIII: A' miei portai l'amor che qui raffina. Petr. (II, c. 7): Oro che nel fuoco affina.

CANTO XXVII.

ARGOMENTO.

Cade il sole: il P. passa per le fiamme a purgare la lussuria; così come andò curvo con Oderigi per espiar la superbia, due vizii non alieni da lui. Degli altri si purgò per la vista, per l'udita degli esempi, e per contemplazione, e per pentimento. La notte riposano; e vede in sogno Lia, giovane e bella, che coglie fiori, la vita attiva che deve seguire all' espiazione, ed è passo alla contemplativa; quasi anello tra il Purgatorio e il Cielo, tra la politica e la religione, tra Virgilio e Beatrice. Beatrice move Virg., è mossa da Lucra, Lucia dalla Vergine. Lucia lo porta al Purg.: nel sonno gli apparisce Lia; Matelda lo guida a Beatrice, Beatrice alla Vergine.

Nota le terzine 2, 3, 5, 6, 9; la 10 alla 15; la 17, 18, 19; la 21 alla 24; la 26, 27, 30, 31, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 41, 43, 45, 47.

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I.

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S1

come quando i primi raggi vibra Là dove 'l suo Fattore il sangue sparse, Cadendo Ibero sotto l'alta libra,

E 'n l'onde in Gange da nona rïarse,

QUANDO. Il sole nel Purg. tramontava, in Gerusalemme nasceva. Quando il sole in Ariete nasce a Gerusalemme, è ora di nona sul Gange, fiume d'Oriente. VIBRA. Boet.: Subito vibratus lumine Phoebus. Altri legge: E'n l'onde il Gange, e spiega: La Libra è opposita all' Ariete; la quale si trova al meridiano della Spagna, il cui fiume Ibero (nominato da Staz., I) scorre in quel tempo sotto di lei. Nel tempo stesso cade, scorre il Gange nell'onde del mare, ardenti perchè scaldate dal sole: a ora di nona sul mezzodì. L' Ariete dalla Libra è distante una quarta di cerchio. Io leggo: E 'n l'onde in Gange, e spiego: Il sole stava in Purg. per tramontare, come quando vibra i primi raggi in Gerusalemme, e, i raggi suoi vibra in Gange: le cui onde son dall'ora di nona riarse. Allora il verso Cadendo... sarebbe come una parentesi, e cadere varrebbe trovarsi, senso usitatissimo della voce. IBERO. Solin.: Iberus amnis totae Hispaniae nomen dedit.

GANGE. Luc.: Qua colitur Ganges, toto qui solus in orbe Ostia nascenti

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RIARSE. Ott.: Quasi dica: ogni di il

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Si stava il sole: onde 'l giorno sen giva
Quando l' angel di Dio lieto ci apparse.

Fuor della fiamma stava in su la riva
E cantava: beati mundo corde,

In voce assai più che la nostra viva.

Poscia: più non si va se pria non morde,
Anime sante, il foco. Entrate in esso,
Ed al cantar di là non siate sorde.

Si disse come noi gli fummo presso:
Perch' io divenni tal quando lo 'ntesi
Quale è colui che nella fossa è messo.

In su le man commesse mi protesi
Guardando 'l fuoco e immaginando forte
Umani corpi già veduti accesi.

Volsersi verso me le buone scorte;
E Virgilio mi disse: figliuol mio,
Qui puote esser tormento, ma non morte.
Ricordati, ricordati ... E se io
Sovr' esso Gerïon ti guidai salvo,
Che farò or che son più presso a Dio?

Credi per certo che se dentro all' alvo
Di questa fiamma stessi ben mill' anni,
Non ti potrebbe far d'un capel calvo.
E se tu credi forse ch' io t' inganni,
Fátti vêr lei, e fátti far credenza

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Sole lo riarde una volta per la sua prossimitade. Il periodo è troppo involuto, e la erudizione geografica troppo. QUANDO. Sull'imbrunire ch'è l'ora della lussuria, dice Pietro, l'Angelo, la coscienza, e Virg., la ragione, lo guidano alla vittoria. Ps.: Probasti cor meum, et visitasti nocte: igne me examinasti. RIVA. Il resto della strada era fiamma (XXV, 38). BEATI. In questo giro s'acquista l'ultima mondezza del cuore. VIVA. Caro epiteto. Nella voce è il meglio della vita. Respiro, anima, spirito erano in antico sinonimi.

MORDE. Metaf., al P. frequente. Nota Pietro che il P. fu molto impacciato in vizio di lussuria. CANTAR, Venite (t. 20).

MESSO. Per essere propagginato (Inf., XIX, 16). Petr. (Tr., Am.): Avea color d'uom tratto d'una tomba.

MAN. Una delle più belle terzine del poema.

8. GERION (Inf., XVII, 33). Se ti salvai dalla frode pessimo de' mostri, e per l'aria nuotando; come non ora?

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ALVO. Eccl., XV: Ventris inferi. Par. (XII, 10): Del cuor dell' una delle luci.

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Con le tue mani al lembo de' tuoi panni.
Pon giù omai, pon giù ogni temenza:
Volgiti 'n qua, e vieni oltre sicuro.
Ed io pur fermo e contra coscienza.

Quando mi vide star pur fermo e duro,
Turbato un poco disse: or vedi, figlio:
Tra Beatrice e te è questo muro.

Come al nome di Tisbe aperse 'l ciglio
Piramo in su la morte, e riguardolla,
Allor che 'l gelso diventò vermiglio;

Così, la mia durezza fatta solla,
Mi volsi al savio duca udendo il nome
Che nella mente sempre mi rampolla.

Ond' ei crollò la testa e disse: come
Volemci star di qua? Indi sorrise,
Come al fanciul si fa' ch'è vinto al pome.
Poi dentro al foco innanzi mi si mise,
Pregando Stazio che venisse retro,
Che pria per lunga strada ci divise.

Com' io fui dentro, in un bogliente vetro
Gittato mi sarei per rinfrescarmi;
Tant' era ivi lo 'ncendio senza metro.

Lo dolce padre mio, per confortarmi,

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PANNI. Ponlo nel fuoco: non brucerà.

PON. Lat.: Pone metum. COSCIENZA. Ella mi diceva d'obbedire. Conv. (I, 3): Contro a coscienza parla. Poi o con concordia o con discordia di coscienza. DURO. Se poeta moderno usasse un verso si semplice, il sinedrio poetico si straccerebbe le vesti; gridando bestemmia. BEATRICE. Sap., I: Non...... sapientia... habitabit in corpore subdito peccatis. MURO. Petr.: Tra la spiga e la man qual muro è messo?

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TISBE. OV. (Met., IV): Ad nomen Thisbes oculos jam morte gravatos Pyramus erexit, visaque recondidit illa. L'Ott.: Il sangue misto de' due amanti bagnò il frutto del moro, che infino a quel tempo era bianco.

14. SOLLA (Inf., XVI, 10). Morbida.

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pensier. Rampolla, verdeggia, rinasce, fruttifica.

SORRISE. Modesta confessione dell' imperfezione propria. Son più nel poema i tratti di modestia che d'orgoglio. narroti.

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16. DIVISE (C. XXVI, 6): O tu che vai..... agli altri dopo. Son presso alla scienza divina: la scienza umana lo vuole presso a sè più che mai.

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VETRO. Il fuoco cancella il settimo P. METRO. Ariost.: Forza che passa ogni metro. La voce greca significa appunto misura.

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