Canti di Aleardo Aleardi

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G. Barbèra, 1869 - 492 oldal

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xvi. oldal - Se tu fossi morta in Grecia, la più lunga, la più morbida treccia sarebbe stata la tua. Dio sa, Michelangiola, qual parte forse avesti nel fragile tessuto delle mie idee e de' miei sentimenti. Tu non ne sapesti mai nulla, ed io ne so meno di te: sono segreti del Signore. Un profondo amore dunque, e un po...
208. oldal - Poscia ravvolti in quei vapor d'affanno saettaron le nari all'infedele atrocemente. Ella agitò pei lini le sue nobili forme; una fatica disperata divenne il suo respiro; come di cosa che si ferma, il metro sempre più lento era del core; volle mettere un grido; aprì gli occhi; la lampa spegneasi allora con guizzo supremo; ed ella vide l'ombra de la morte passar su la parete. - Al...
76. oldal - Dolorosi all'esilio; e già le brune Pupille il velenato aere contrista. Qui non la nota d'amoroso augello Quell'anime consola; e non allegra Niuna canzone dei natali Abruzzi Le patetiche bande. Taciturni Falcian le messi di signori ignoti; E quando la sudata opra è consunta Riedono taciturni; e sol talora La passione dei ritorni addoppia Col domestico suon la cornamusa.
86. oldal - ... per reconditi ardori, e lento lento emergeva una molle isola calva; e sur essa appariva a la sinistra lampana dei vulcani una infinita deformità di creature morte: mistico germe di venture pietre e maraviglie. Intorno a la solinga primogenita usciano inaspettate altre sospinte da virtù segreta isolette sorelle, onde le dolci nostre pendici, e l'odorose curve de le nostre convalli. Ivi un zampillo che ignoto allor non prevedea la gloria insuperata d'esser detto il Tebro, ai recenti dirupi era...
134. oldal - L'onda del ciel nel calice dei fiori Che Dio prepara all'augellin che migra. Sarà giorno di festa il...
294. oldal - D'essere fulminato: e una silente Siepe di plebe, in ira a Dio, fissava Coi mille occhi la fronte inalterata D'un morituro. Ei salutò l'Italia Serenamente... Un turbine di nebbie Coperse il resto. A mezzo il dì dai vani Ad or ad or de le fuggenti nubi Usciva il sole a battere- sul campo Deserto, su la fune orrida, su la Pendula salma d'un gentile ucciso, E su quel collo ahi! livido, che un tempo Tu coprivi di baci. Un augellino Su la trave del martire cantava Sentendosi la brina.
274. oldal - Scender soletta un'altra boscaiola: Scendere la costiera . Con orma così lieve Da somigliar a spirito che vola. Gli occhi cerulei in su quel bianco viso Pareano due pervinche in su la neve; Due rosette pronostiche di morte, Fiorivano talora all'improvviso Accese in mezzo de le guance smorte; Nè so perchè compresso Avesse intorno il suo fardel di stipe Con rami di cipresso e di mortella.
207. oldal - Sovra il tappeto oriental caduto Era un volume da la man che ancora Si atteggiava a tenerlo. Avea scordato Quella sera di dir le sue preghiere. Un altro Iddio le inquietava i caldi Rivi del sangue. E sotto il trasparente Velo azzurrino de le sue palpébre Iva ondeggiando immersa in non so quali Vagabondi desii la sua pupilla.
30. oldal - Quell' afflitto stridir de la cicogna, Che agli orli de la perfida marina Muor sitibonda; quel sepolcro d'acque De le cinque città di peccatori, Dove persin quando veleggia il nembo, Tacito passa e folgore non vibra; Mostran con la implacata ira del cielo Una miseria che ti stringe il core Amarissimamente. E pure è in terra Una miseria ancor più luttuosa, Uno spettacol, dove più ti pare La vendetta di Dio significata. È un vanitoso popolo d'imbelli Che non à patria, ed all...
209. oldal - D' infra gli spacchi dei cadenti muri si rizzavan in tetro ordin le strigi col topazio del tondo occhio fissando la passeggera, ed incurvando in atto di reverenza il capo. Il tenebroso aer intorno intorno era inquieto per l'ale floscie di notturni augelli che il volto a lei strisciavano e le chiome rigide, urtando con l'incerto volo. Ella seguiva indifferente, e il piede, vanto dei balli, scivolar talora sentìa sul tergo d'un'immonda botta saltellante nel buio a la ricerca di laide nozze.

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