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tiam, et noverim misteria omnia, et omnem scientiam, et omnem fidem, ita ut montes trasferant, caritatem aut non habuero nihil sum. Terzo, la prepone a ogni altra operazione, e massime a quelle che sono ardue e difficili a operare, come è distribuire tutte le facultà sua in elemosine alli poveri. Questo è molto difficile, perchè la roba è il secondo sangue, molto più dare il corpo suo a ardere per l'amore di Dio. Nondimeno e' dice: Et si distribuero in cibos pauperum omnes facultates meas et tradidero corpus meum ita ut ardeam, caritatem aut non habuero nihil mihi prodest. Ergo, fratres carissimi, ingeniamoci d' avere questa carità, la quale sola distingue tra figliuoli di Dio e quelli del diavolo. Questa è il pegno della salute nostra, questa è l'arra degli eletti, questa sola corona li santi in paradiso, questa è la forma delle virtù, radice d'ogni merito, grata e accetta al figliuolo di Dio, sorella degli angeli, propugnacolo degli apostoli, amica de' santi patriarchi, scudo de' profeti contro alli tiranni, conforto e sollazzo de' martiri ne'tormenti, unico de' santi dottori refugio, e finalmente di tutti gli eletti ferma e stabile possessione, senza la quale niente vagliono i digiuni, le orazioni sono vacue di meriti, e tutte l'altre opere nostre insipide; con questa ogni minima opera, de genere bonorum, è meritoria di vita eterna, nè il sonno de' santi in questa vita mediante la carità è vacuo di meriti; la quale ci conceda il figliuolo di Dio: Qui propter nimiam caritatem suam qua dilexit nos, pro nobis dignatus est in cruce suspendi, qui est benedictus in saecula. Amen.

PREDICA DECIMAOTTAVA

Che Dio fa bene ai buoni.

Tenuisti manum dexteram meam.

Psal. 72.

Poi che noi abbiamo detto, dilettissimi in Cristo Gesù, dell'arra di vita eterna che hanno i giusti, voglio che cominciamo a vedere, se Iddio, dando loro tribolazioni e affanni in questo mondo, fa loro male, oppure fa loro bene. E a questo proposito m'occorre l'istoria di Iosef al trigesimo capitolo del Genesi, quando quella adultera, cioè la moglie di quell' eunuco principe dell'esercito di Faraone, che l'avea comperato dagli ismaeliti, e avevagli dato tutto il governo della casa sua, s'innamorò di lui e molto lo molestava, circa l'atto carnale; e losef non volse mai acconsentire, ma dicea: Ecco il mio signore, e tuo marito m'ha dato il governo di tutta la casa sua, e non è alcuna cosa che non sia in mia potestà, eccetto te, che sei sua moglie; come dunque vuoi tu che io commetta tanto errore? E una volta trovandolo solo, lo prese per la veste, per tirarlo all' opera nefaria. Iosef subito si fuggi, e lasciogli il mantello nelle mani. Costei si vide dispregiata e svergognata, cominciò a gridare, e disselo al suo marito, che losef l'avea voluta sforzare, e in segno di ciò gli tolsi il mantello, non potendo altrimenti tenerlo. Il marito gliel credette, e messelo in carcere. E perchè lui ebbe pazienza, e più presto volse patire la carcere che peccare, il Signore lo liberò e fu fatto signore dell'Egitto; e però bene poteva dire: Tenuisti manum dexteram meam, et in voluntate tua deduxisti

me, et cum gloria suscepisti me. Signore, tu hai tenuto la mia destra mano, cioè tu m'hai tenuto per mano, che io non sono cascato dalla mia fortezza nel peccato dell' adulterio, e nella volontà tua tu m'hai cavato d'ogni tribolazione, perchè dato che io abbia avuto molte tribolazioni, non sono però deviato dai tuoi precetti, ma sono stato conforme alla tua volontà: Et ideo cum gloria suscepisti me; perchè tu m'hai fatto come signor di tutto l'Egitto. E così tu vedi che Iosef, che tiene la persona de'giusti, considerata circa sè la bontà divina, si muove ad amare Iddio per sè, e perchè e' merita d'essere amato, e dice al Signore nell'orazione, io ti voglio oramai servire gratis, senza cercare altro premio da te: Quid enim mihi est in coelo, et a te quid volui super terram. Quasi che e' voglia dire: tu m' hai tanto dilatato nell' amore, che già io non risguardo più al premio principalmente, come facevo prima; perchè io non ti servo acciocchè tu mi dia di questi beni temporali, nè ancora principalmente perchè io n'aspetti premio da te nell' altra vita: Defecit cor meum et caro mea, Deus cordis mei et pars mea Deus in aeternum. Il cuore mio e la sensualità mia, sono totalmente mancate circa il desiderio delle ricchezze e gloria mondana, e sono come morto quanto al mondo, ma io vivo in Dio; lui è Dio del cuore mio, lui è la vita mia e la parte mia in eterno. Oh tu dirai: questa è la carità de' perfetti; ma la carità degli incipienti non è fatta a questo modo. Or nota quello che scrive san Luca di quello indemoniato, il quale avea una legione di demonii addosso. Costui tanto crudelmente era vessato, che gli andava nudo, non stava in casa, ma ne' sepolcri, e dato che gli legassin le mani con le catene, e mettessingli i ferri ai piedi, ogni cosa spezzava, e fuggiva ne' deserti. Una volta s'incontrò nel Salvatore; il diavolo pure fortemente l'agitava; Cristo gli comandò che gli uscisse e che non lo tormentasse più, ma entrasse in una gran moltitudine di porci; e così fece; in modo che tutti quelli porci furno soffocati dal diavolo: i pastori ebbono paura e corsono nella città e narrorno tutto il caso. Quegli uomini ne vennero giù per vedere se così era, e ebbono una gran paura, e dove dovevano raccomandarsi a lui, e pregarlo che e' non si assentasse da loro per non incorrere in altri danni, ebbono tanto spavento, che lo pregorno che si partisse, parendo loro che la presenzia del Salvatore causasse simili danni. Ma non fece già così colui che fu sanato da quella legione, che significa il peccatore di nuovo

convertito e sanato da' peccati, il quale sentendosi già nella grazia di Dio, e come incipiente, temendo di non incorrere similmente ne' consueti mali e danni, pregava il Signore che lo tenesse appresso di sè, e al tutto era deliberato di seguitarlo. Diceva il Signor nel cuor suo, come eziandio dice spesso ne'cuori de' penitenti e incipienti: perchè mi vuoi tu così scguitare e non ti partire da me? Risponde il demoniaco già liberato; risponde l'incipiente e dice: Quoniam ecce qui elongant se a te peribunt. Io voglio star teco, e voglioti appresso di me; perchè ecco che coloro che si elongano da te e dalla protezione tua, e non ti vogliono eziandio corporalmente e sagramentalmente, figurati per lo popolo de' Gerazeni, che non ti volsono ricevere, periranno, perchè di nuovo cadranno nel peccato, e ne' danni spirituali e temporali, e poi periranno in eterno nell'inferno: Quia perdidisti omnes qui formicantur abs te. Tu hai perduto, disfatto e dannato, quelle anime che lasciano te vero sposo, e sono aderite al diavolo: Mihi autem adhaerere Deo bonum est, ponere in domino Deo spem meam. Io non voglio far così, perchè avendomi tu liberato da tante tribulazioni e affanni, e da tanti pericoli, conosco certamente, che m'è molto buono stare appresso di te, Dio mio, e in te collocare tutta la mia speranza. Orsù, dice il Signore, al demoniaco liberato, al giusto incipiente: Vade et annuntia quanta tibi fecit Deus. Narra come tu se' stato liberato, non da uno demonio solo, ma da una legione che ti tormentava crudelmente, che non ti lasciava mai stare in casa, ma come pazzo andavi per tutto sfacciatamente, e senza fronte e senza vergogna peccavi, andavi denudato di tutte le virtù, e per li sepolcri fetenti abitavi; cioè eri immerso prima nel fetore della libidine, spezzavi i ferri delle mani e de' piedi, che tu non temevi il giudicio di Dio, non li suoi minacci, non le censure ecclesiastiche, non alcuna punizione; finalmente non volevi alcun freno, ma te n'andavi ne' deserti ad abitare con le bestie, cioè con gli altri peccatori. Va' via adunque e annunzia tutti questi benefizii che l'ha fatto Iddio. E lui ubbidì volentieri dicendo io anderò: Ut annuntient omnes praedicationes tuas in portis filiae Syon. Le predicazioni, Signore, sono le laude che ti si debbono dare, per li beneficii che tu ci fai; io andrò adunque e narrerò le laude tue nelle porte della figliuola di Sion, cioè nella chiesa santa; perche gl' infedeli non sono capaci così presto della bontà tua, e della magnificenza che tu usi verso della figliuola di Sion; cioè

SAVONAROLA, Opere. Vol. I.

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