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tiri. Chi è quello di noi, che non ispaventasse a quelli tormenti? e tamen loro steltono forti, perchè erano bene radicati nella grazia di Dio, e usavano bene questo dono. Ma che vuol dire, e che significa Sansone innamorarsi di Dalida ? vuol dire, che 'l cristiano che è in grazia di Dio, bene spesso comincia a porre amore c affetto un poco troppo alla carne e alla sensualità. Appoco appoco tu vedi che 'l si dissolve e cerca gli agi e comodi del corpo più che non facea prima. I Filistei se ne avveggono, che costui è diventato sensuale; e che dicono? Se noi sappiam fare, aremo nelle mani Sansone, cioè noi sovvertiremo facilmente la ragione di costui. E cominciano a incitar fortemente Dalida, cioè la carne e la sensualità, e promettongli di molti piaceri La carne iucitata da queste promissioni, comincia a blandire Sansone, e vor rebbelo enervare e torgli la fortezza. E però appoco appoco la lo tira alle voluttà e illecebre sue. Non vi par' egli che 'l sia così? Oh! quanti n'inganna il diavolo mediante l'illecebre e delettazioni della carne. Non ha il più facil modo il diavolo a far rovinare il cristiano, che usare questo instrumento della carne, perchè alli piaceri carnali ogni uomo v'è inclinato. E però non c'è il migliore rimedio, che rimuovere l'occasione: Intravit mors per fenestras nostras. Questi sensi che si tengono tanto aperti alle cose del mondo, sono causa della ruina di molti, e massime il senso del viso: Quod non videris non concupisces. David profeta, perchè incautamente guardò Bersabea, cadde nel peccato. Preterea il conversare con donne è molto pericoloso, e pochi n'escono netti. Credilo a me, i santi hanno fuggito il conversare con donne. Leggesi di santo Agostino, che e' fuggiva le donne, come si fugge uno che abbia la peste, e non voleva che la sua sorella gli venisse in casa, acciocchè la non avesse a esser visitata dall' altre compagne. Preterea, il parlar inonestamente molto nuoce, come dice san Paolo: Corrumpunt bonos mores colloquia mala. E però fanno molto male costoro che motteggiano di cose lascive, perchè non solo sono causa di ruina a sè, ma chi ode. Item quando Dalida, cioè la carne ci stimola, non c'è il miglior rimedio che correre all' orazione, e rivelare le sue tentazioni al confessore. E poi se tu ti senti titillare la mente da inoneste fantasie, non vi stare a pensare, perchè questo vizio meglio si vince fuggendo che altrimenti. Tornando all' esposizion nostra, dico che 'l diavolo ne fa rovinare assai per questa disordinata affezione alla carne, e se non ottiene la prima, seconda, e terza

volta, per questo non resta, infino a tanto che gli ha la vittoria. E questo significa qui, che Sansone ben tre volte fu instigato da Dalida, e non si lasciò ingannare; ma alla quarta non resse. Così molti non stanno vigilanti, e non sono cauti, perchè poi che gli hanno superato due o tre volte le tentazioni della carne, finalmente poi, fatigati e stracchi, revelano i loro secreti a Dalida, espongono e esibiscono a Dalida, cioè totalmente si danno alla carne sottomettendosi ad ogni spurcizia. Allora i Filistei radono il capo a Sansone, e levangli via sette crini del capo suo. Questo significa che, come i cristiani hanno acconsentito a Dalida, e' sono cascati in peccato mortale, e' sono privati de' sette doni dello Spirito Santo, e di tutte le virtù. Secondo, i Filistei gli cavano tutti due gli occhi, perchè e' perdono la cognizione delle cose divine, e perdono anche in buona parte il lume naturale, che era l'occhio sinistro, e il cervello, che ogni cosa giudichino a rovescio, e nelle imprese loro piglino sempre il consiglio a rovescio, e così miserabilmente restano nelle tenebre. Terzo, i Filistei lo legarono con catene grossissime: così fanno i diavoli a costoro. Queste catene sono la moltitudine de' peccati, e la mala consuetudine, queste sono catene d'acciaio, che non si rompono così facilmente; però tu vedi che questi che hanno fatto uno abito e una consuetudine ne' peccati, raro si convertono, perchè non possono rompere queste loro catene. Quarto, e' sono posti ́ in carcere, questa è la carcere di questo mondo, dove sono constituiti a volgere la macine, perchè costoro non si quetano mai dentro; crescono i desiderii e la coscienza li rimorde, gli crucia e tormenta, e non gli lascia avere alcuno piacere quietamente. Ecco l'arra che gli hanno della dannazione, che comincia di qua, perchè dato che paia che gli abbiano abbondanzia di pace e abbiano ciò che e' desiderano in questo mondo, e' non è poi così dentro, perchè e' sono pieni d'amaritudine: Quia non est pax impiis, dicit Dominus, e così, come Sansone, volgono continuamente la macine, mai si fermano, mai hanno posa. Dimandategli alle volte costoro e dite che vi dicano la verità, voi vedrete che ognuno volge la macine, tutti s'aggirano, tutti sono intorno al loro mulino (1). Gli ecclesiastici che credi tu che e' vadino rivolgendo la notte e il di, se non come e' possino aver qual

(1) S'intende di quei tempi, per altro anco in quei tempi non s'intenda di tutti gli ecclesiastici, questo va perdonato allo zelo dell'Autore.

che beneficio? Questo è il loro mulino, onde tu vedi che e' vanno in giù e in su, e di e notte spacciano staffette, scrivono ora a questo principe, ora a quell' altro che li aiuti e favorisca. Ti so dire che delle simonie oggi si fa poco conto nelle corti. Oh, non credi tu che costoro durino fatica intorno al loro mulino ? ben sai che sì, perchè e' si fanno schiavi d'ogni cortigiano, i quali a casa loro starebbono come signori. E poi la coscienza pur dentro lavora, e dice: come lasci tu la chiesa tua? come la governi tu? Egli è pur gran peccato cercare beneficii con simonia. Dipoi, che vita è la tua? tu fai male, tu n'andrai a casa del diavolo. E così ha grande amaritudine; e questa è l'arra che gli hanno dell' inferno, il morso della coscienza. Ora diciamo qualche cosa della terza arra de' reprobi, e farem fine.

La terza arra dell'inferno che hanno i reprobi in questa vita, Est fluxus insitorum desideriorum; cioè abbondare continuamente di desiderii mondani, terreni e carnali, e non gli potere adempiere nè saziare. E questo male hanno i dannati in sommo per la lor dannazione, perchè così come alla beatitudine appartiene, che li beati abbiano ciò che e' vogliono, altrimenti e non sarebbono quieti, nè, esconsequenti, beati, così ancora alla miseria de' dannati si ricerca ch'e' non abbiano quel che e'desiderano, e però gli hanno bene innumerabili desiderii; ma perchè non gli possono saziare si cruciano, e desperati bestemmiano continuamente il cielo e la terra. L'arra di questa miseria hanno i cattivi in questo mondo, perchè gli hanno molti desiderii i quali non possono adempiere, e per questo si cruciano e ardono; e questa è la terza feccia dell' ira di Dio la quale gustano di qua. Onde a questo proposito dice Salomone ne' Proverbii al terzo capitolo: Tria sunt insaturabilia et quartum nunquam dicit sufficit: infernus et os vulvae et terra quae nunquam satiatur aqua, ignis vero nunquam dicit sufficit. Tre cose, dice, sono insaturabili, e la quarta non dice mai: non più: l'inferno, la bocca della vulva, la terra che non si sazia mai d'acqua, e il fuoco. E di sopra a queste parole pone la quinta, ch'è la sanguisuga, cioè la mignatta, che suga il sangue; le figliuole sue sono due che dicono: Affer, affer, cioè porta qua, porta qua. Ma nota per intelligenza di queste parole, che l'amore proprio è radice, di tutti i pravi desiderii. E perchè gli empii hanno perso l'amore di Dio, non hanno se non l'amore proprio, dal quale procedono infiniti desiderii, come dal fonte. I quali perchè loro non gli pos

sono adempiere, però sempre sono in continuo cruciato. E acciò che questo meglio apparisca, esponiamo le parole di Salomone e vegniamo al particolare. Benchè queste parole di Salomone si possino verificare ad litteram, nondimanco le s' intendono eziandio moralmente degli empii che sono significati per queste cinque cose che abbiamo detto di sopra. La prima cosa insaturabile è l'inferno, che non si sazia mai, perchè quanti più dannati riceve, tanti più ne desidera, e per l'inferno intendi il diavolo. Gli è tanta l'invidia che ha il diavolo all' umana natura, che e'non vorrebbe che nessuno si salvassi, e però e' non riceve tanti dannati, che e' non ne desideri molti più. Simile all' inferno è il cuore dell'empio, ed eziandio simile al diavolo il cuore dell'empio, che non si sazia mai de' peccati, e pare che il peccare gli sia fatto connaturale. E così come il diavolo vorrebbe che tutti gli uomini si dannassino, così i cattivi vorrebbono che ognuno fosse simile a loro, e perchè e' non l'ottengono e' si cruciano, massime che li buoni sono loro uno stecco negli occhi, e hanno rispetto alle volte a fare quanto male vorrebbono. Bene adunque Salomone gli assomiglia all' inferno, o al diavolo, perchè il cuore loro è tutto diabolico, e sente e gusta già parte de' tormenti de' dannati nei loro pravi desiderii che e' non possono adempiere. La seconda cosa insaturabile è la vulva, cioè la carne, per parlar più onestamente. E questa è la concupiscenza carnale, la quale quanti più piaceri esperimenta, tanto più s'accende e non si può saziare. Guarda pure se la si trova oggi nel mondo, e quanto studio mettono i libidinosi per saziare i loro sfrenati desiderii; ma io non mi voglio distendere più là in questo vizio, basta solo questo, che questi lussuriosi non s'empiono mai, e sempre sono in ardore e vorrebbono adempiere i loro desiderii, e sono impediti in modo che e' non hanno pace nè riposo. Non ti par egli che costoro abbiano di quell' arra dell'inferno, beendo sempre mai di questa feccia turbulenta? Senza dubbio sì. La terza cosa insaturabile è la terra, la quale per essere elemento molto secco non si sazia mai dell'acqua. Questa è l'avarizia e la cupidità degli empii, la quale è in modo radicata nell'ossa loro, che non si possono mai empiere; sempre beono e mai non si cavano la sete, anzi quanto più beono di quelle ricchezze mondane, tanto più ne hanno sete. E in questi si verifica un detto d'un nostro poeta: Crescit amor nummi quantum ipsa pecunia crescit, e perchè la cresce continuamente, però e' sono sempre

inquieti. Costoro hanno tante ansietà e tanta sollecitudine di mente circa la roba, che bene spesso non mangiano un boccone che piaccia loro, dormono con affanno, perchè sempre hanno paura di non la perdere. Questa è una pessima cura e una gran pena che dà Iddio in questa vita agli avari; e a me pare che costoro abbino l'arra dell' inferno. Oh quanto dobbiamo noi ringraziare Iddio, fratres mei, che ci ha liberati da questa cura e da tanti affanni, quanti hanno gli empii per lo disordinato amore alla roba Noi non abbiamo a pensare a' figliuoli, nè bisogna che cerchiamo di tesaurizzare per loro; noi abbiamo il Signore che ci provvede, e viviamo senza pensieri. Chi è buon servo di Dio, e buon religioso non pensa quello che abbia a desinare la mattina, o la sera a cena, e gli basta solamente aver tanto che si possa sostentare; del resto non si cura, ma cerca di tesaurizzare in cielo. E però costoro in questo mondo hanno l'arra del paradiso, come gli empii hanno l'arra dell' inferno. La quarta cosa insaturabile è il fuoco, che non dice mai: e' mi basta, non più legne; ma quante più legne tu gli metti sopra, tante più ne consuma. Questa è l'ambizione e superbia degli empii, della quale dice David: Superbia eorum qui te oderunt, ascendit semper. Costoro cercano sempre di salire su alto, e mai si contentano dello stato loro, ma quanto più stato hanno e dominio, tanto più ne vorrebbono. D'Alessandro Magno si legge, che poi che lui ebbe conquistato buona parte del mondo, gli venne desiderio di sapere se gli era più mondi, perchè e' pensava di conquistarli. Così fanno molti cittadini, non si contentano dello stato che hanno, ma cercano sempre di farsi maggiori che e' non sono. E di qui nasce poi l'invidia tra' cittadini, che l' uno cerca superare l'altro, e scacciarlo e confinare, ora questo, ora quello. E perchè molte volte e' non riesce loro il disegno, n' hanno gran pena e dolore; e massime quando e' si veggono precedere dagli altri cittadini, i quali sono inferiori, egli è tanta l' invidia che gli hanno, che e' dicono ogni male di quelli che li precedono: appongono loro falsi, e gl'infamano; e se questo non giova, cercano d'ammazzarli. Vedi quello che fa l'ambizione e la superbia in questi gran maestri, secondo che è scritto nel libro d'Ester. Assuero re fece grande un certo domandato Aman, e fecelo sopra tutti i principi suoi; e ognuno l'adorava e faceagli reverenzia; solo Mardocheo giudeo, non s'inginocchiava nè l'adorava quando e'passava; ed essendogli riferito, ne pigliò tanto sdegno e tant'odio che

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